Visitiamo in mattinata il “Campo Madre” : creato nel 1940 nel perimetro di una caserma per ospitare prigionieri politici polacchi, poi Ebrei Polacchi, infine ampliato in un campo a grande scala.Ripercorrere i passi dei prigionieri, in un silenzio pesante… nessuno riesce a far uscire la voce, solo i clic delle fotocamere
E poi entriamo nei sotterranei del blocco della morte: le celle di 90 per 90 dove venivano stipati 4 prigionieri, la cella dell’inedia dove perì Padre Kolbe; risaliamo alla luce: ecco il muro della morte, luogo d’esecuzione, tramite fucilazione o forca, dei prigionieri politici Polacchi. Le finestre che guardano verso il muro sono oscurate da liste di legno: per impedire di osservare le esecuzioni… o per celare i criminosi esperimenti medici sulle donne che il prof. Clauberg eseguiva principalmente sulle Ebree?
Lasciamo Auschwitz 1 senza parole, ma ci dovremo presto adattare ad una visita ancora più dura: il campo di sterminio II, il più vasto, dove perirono un milione di Ebrei
Non potrò più osservare le betulle senza ripensare a Birkenau, il cui nome poetico è appunto “ bosco di betulle” .
Non potrò più osservare le betulle senza ripensare a Birkenau, il cui nome poetico è appunto “ bosco di betulle” .
All’edificio della “sauna” si ricostruiscono i passaggi che gli internati al campo dovevano subire, già descritti da Primo Levi: taglio dei capelli, tatuaggio del numero, consegna delle casacche da campo.. Qui si sterilizzavano anche i vestiti requisiti alle persone uccise, destinati alla spedizione e alla vendita in Germania

Scende già la sera quando lasciamo il campo di Birkenau: ripercorrendo il cammino verso l’uscita, sulla banchina dove smistavano i convogli, penso che non potrò mai cancellare dalla memoria le immagini di questa giornata... una citazione all’interno del campo recita: “la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo “